Ieri sera c'è stato il pienone al caffè letterario per la presentazione di Palermo liberty. Scuola e cenacolo basiliani con l'autore Danilo Maniscalco e il professore Roberto Garufi.
La conversazione si è concentrata in particolar modo su una delle pagine più buie della storia della città, ovvero quella del "sacco" con cui edifici e monumenti simbolo del periodo floreale tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso furono abbattuti senza ritegno per questioni meramente economiche.
La necessaria ricostruzione a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale coincise per Palermo con un intenso processo di inurbamento dai paesi della provincia e un conseguente incremento demografico, che richiese la stesura di un piano regolatore per la progettazione di nuovi nuclei abitativi.
In questo contesto
ebbe luogo un vero e proprio saccheggio, che nell'arco di vent'anni cancellò oltre ottanta edifici dalla pelle eclettica e liberty, devastando il volto floreale di quella che Sciascia aveva chiamato "piccola capitale dell'Art nouveau".
Come spiegava Danilo, da un lato il Liberty dei Florio e della Scuola basiliana comincia a essere marchiato dai puristi dell’anti-decorazione con il bollino di poetica kitsch, divenendo così non meritevole di adeguata tutela, dall'altro i proprietari dei villini, per lo più nobili caduti in rovina, hanno tutto da guadagnare dalla loro vendita - secondo un testimone, intervenuto proprio ieri, molti di loro pregarono i costruttori di acquistare i propri terreni, con tutto ciò che vi era costruito sopra.
Tra i monumenti distrutti è emblematico il caso di Villa Lanza-Deliella, progettata da Ernesto Basile e arredata dallo studio Ducrot, che a partire da sabato 28 novembre 1959 fu demolita in una settimana, lasciando un vuoto che non sarebbe stato mai più colmato.
Ma oggi cosa rimane? Il professore Garufi ha letto una lista, tra cui annovera i due chioschi Ribaudo, villa Busacca Gallidoro, villa Chiaramonte Bordonaro, lo stand Florio e il salone Lo Bue Lemos presso la sede della Credem.
L'auspicio è quello di un loro restauro e/o apertura al pubblico, affinché i cittadini possano goderne a lungo il retaggio artistico.
Chiudiamo questo breve diario con un commento del nostro EDITORE (che come vedete ieri era particolarmente contento e addirittura è stato ritratto in foto con un grande sorriso): libri come Palermo liberty si sposano perfettamente con la nostra mission: mettere l'accento sul bello.
In questo caso quello che ci auguriamo è che conoscere le storture del passato possa suscitare indignazione nei lettori e una maggiore consapevolezza e quindi anche partecipazione alle vicende artistiche della città, affinché il passato non si ripeta.
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