In occasione del Giorno della Memoria, abbiamo pensato di dedicare il nostro spazio "Diario di Kalós" a tre profili esemplari tratti da La pupa di Zabban, di Alessandro Hoffmann.
Le vite di Giuseppa Giovanna Panzica, Richard Abel e Mariannina Ciccone sono di quelle che colpiscono per il coraggio, la caparbietà, la capacità di andare controcorrente. E che emozionano per la loro straordinarietà.
Un'eroina della Resistenza italiana, un Giusto tra le Nazioni, una docente indomabile: quello che hanno vissuto qui è solamente accennato per ragioni di spazio, ma pensiamo che la giornata di oggi sia l'occasione giusta per approfondire.
MARIANNINA CICCONE: LA TIGRE DI NOTO
Originaria di Noto e ricercatrice di riconosciuto valore nei campi della Spettroscopia e della Fisica sperimentale presso l’Università di Pisa, a partire dall’8 settembre 1943 Mariannina Ciccone è l’unica docente a rimanere all’Istituto di Fisica.
Nell’estate del ’44 l’Istituto viene prima saccheggiato, poi fatto saltare in aria parzialmente con la dinamite. La Ciccone si rifiuta di abbandonare l’edificio e si trasferisce nell’ala ancora in piedi. I militari si presentano tre volte e incominciano a imballare e caricare.
Il 7 luglio Mariannina, passata alla storia come “la tigre di Noto”, si frappone fisicamente. Gli aggressori rinunciano e vanno via.
Il 16 aprile 2016 l’Università di Pisa, grata, porrà la seguente targa:
«Alla memoria della professoressa Mariannina Ciccone [...] che nell’estate del 1944 difese dalla violenza annientatrice dei nazisti questo edificio, i suoi strumenti e la sua biblioteca, in un confronto vincente dell’umanità coraggiosa e della cultura dinanzi alla barbarie di una ideologia funesta».
RICHARD ABEL: IL SOLDATO TEDESCO GIUSTO TRA LE NAZIONI
Richard Abel, Giusto tra le Nazioni, è l’unico non ebreo ad avere salvato la vita di un ebreo siciliano, lo studente Luigi Beretvas.
Luigi è nato a Palermo nel 1920 ed è uno dei tre figli di Leopold e Renée Beretvas, ambedue medici. Sono in Sicilia dal 1919. Nella Tunisia occupata contemporaneamente dall’Asse e dagli Alleati, il 10 dicembre 1942 viene catturato da una pattuglia di paracadutisti tedeschi insieme ad altri cinque ragazzi in fuga da Tunisi, con l’accusa di spionaggio e affidato per la custodia al sergente Richard Abel.
Abel, che è un tedesco normale ed è consapevole che la guerra in Africa del Nord è persa, sa che, questione di poco, i cinque verranno presi in consegna da ben altri soldati. Il terzo giorno, scambia qualche parola in tedesco con Beretvas («le SS verranno certamente a prendervi in consegna domani mattina») e gli parla di un piano di evasione, da attuare la sera stessa.
I ragazzi esitano, ma Abel guadagna la loro fiducia e, con una scusa, distrae la sentinella e li fa scappare uno a uno. Gli Alleati non sono lontani e i ragazzi, il 17 dicembre, sono ad Algeri.
Prima di farli scappare, Abel dà loro una pistola, una carta della regione e indica le zone minate. Luigi gli mette in mano un foglietto di carta con l’indirizzo di casa, 4 Rue des Belges, e una frase: «Quest’uomo è un amico».
Il 17 maggio 1943 Tunisi è liberata e Luigi potrà riabbracciare la famiglia. Una volta a casa, lo attende una sorpresa: Richard Abel era lì, nascosto per cinque mesi dai suoi genitori.
I due rimasero amici per tutta la vita.
GIUSEPPA GIOVANNA PANZICA: LA "POSTINA" DI COMO
Giuseppa Giovanna Panzica è una delle eroine della Resistenza italiana.
Nata a Caltanissetta nel 1905, si sposa e, nel 1930, si trasferisce con la famiglia a Como.
A Ponte Chiasso, dove vive, il caso vuole che l’orto di casa Panzica sia esso stesso
confine con la Svizzera: la zona, dopo l’8 settembre, è un ribollio di disperazione e Giuseppina, con la collaborazione del finanziere Gavino Tolis e della rete di assistenza clandestina “FRA-MA", inizia a collaborare come “postina”.
È così che uomini e cose (lettere, documenti, soldi) incominciano a passare sotto casa sua.
Il 25 aprile 1944 la Panzica e Tolis vengono arrestati. Lei viene presto trasferita a Ravensbrück, dove è classificata detenuta politica.
Il 30 aprile 1945, giorno della liberazione, è ancora viva.
Una lunga degenza in ospedale e, trascorsi altri sei mesi, non più attesa, Giuseppina busserà alla porta di casa.
Viene meno a Como il 15 febbraio 1976.
La figlia Rosaria ne tramanderà il ricordo di donna eccezionale, «splendido esempio di straordinario coraggio e di incrollabile fede nel valore della libertà».
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